Hammamet

Google
Web www.camerun.it

Sudafrica

Cultura

AFRICA 11/2/2006
UN MUSEO DELL’ARTE AFRICANA ‘RESTITUITA’...
AFRICA 24/2/2005
‘AFRICA REMIX’: L’ARTE CONTEMPORANEA AFRICANA IN MOSTRA A LONDRA...
CAMERUN, LEONI INDOMABILI
Leoni indomabili. Così sono chiamati i giocatori della nazionale del Camerun, il paese africano che ...

Città

Douala
Douala si affaccia sul golfo di Guinea...
Douala
Le rotaie portano chissà dove, e sembra che il loro scopo sia tutto tranne che accogliere un treno. ...

Geografia

Parc National du Waza
Parc National du Waza ...
Ambiente del Camerun
Ambiente...
Il vulcano d'Africa
Il monte Cameroun è il vulcano più importante dello omonimo stato africano, è il più alto picco dell...
Dati geografici
Il Camerun in cifre...


Viaggio verso il Camerun



Da sempre il "Mal d’Africa" ci ha perseguitato.

Fu così che otto amici uniti da una sindrome comune, davanti ad un tavolo pieno di carte geografiche decisero di programmare un viaggio di 20.000 km in Africa: Tunisia, Libia, Ciad, Camerun, Niger e Algeria.

Sbarchiamo a Tunisi. Espletiamo le pratiche doganali in un paio d’ore e puntiamo verso il sud.

Chott el Djerid. Questo lago salato è il nostro primo bivacco. Coperto da una corazza scintillante che brilla al sole, pare galleggiare a perdita d’occhio. Minuscoli iceberg di sale dalle forme bizzarre emergono dalla sua superficie.



Le ruote del nostro fuoristrada crocchiano frantumandone la crosta.

Si ha la netta sensazione di essere penetrati nel deserto del deserto






Nessun ombra all’orizzonte inesorabilmente piatto,su cui palpita l’aria calda e nel miraggio si disegnano pozze d’acqua e deludenti lagune. I datteri di Nefta non hanno nulla in comune con i piccoli frutti appiccicosi che ci vende l’ortolano sotto casa in minuscoli sarcofagi di cartone decorato. Quelli che stiamo mangiando si vendono sfusi, sono secchi e duri e cadendo su un sasso fanno "toc", ma sono dolcissimi.




Questa è la terza volta che visitiamo la Libia. Ritornarci per 40 giorni è sempre una grande emozione e soprattutto non è mai una ripetizione. Solo ora, nel rileggere il nostro articolo di dodici pagine pubblicato su "Caravan e Camper" di giugno 1998, ci rendiamo conto di aver dedicato poco spazio nel descrivere l’ospitalità, le emozioni e le bellezze della terra di Ghaddafi. Ancora una volta a Tripoli approfittiamo della sincera ospitalità di Paolo e Abdul Azis e facciamo tesoro dei loro consigli. Presentiamo il nostro itinerario di viaggio all’ambasciata del Ciad : ci rilasciano un permesso di transito con un’unica raccomandazione: nei tratti minati ad est del Tibesti avremmo dovuto affidarci a una guida locale. In quattro giorni percorriamo la pista Ghadames – Ghat di 700 km lungo il confine dell’Algeria.

Contattiamo Mister Mufta,una guida conosciuta nei viaggi precedenti , sarà con noi per nove giorni nell’Acacous e Mathendous.

Il massiccio arenario del Tadrart Acacous è costituito da un’infinita varietà di forme rocciose bizzarre che emergono dalla sabbia. Puntiamo sempre verso sud, serpeggiando tra questi labirinti frastagliati di roccia. Numerose pitture rupestri decorano questi anfratti rocciosi, ottimi ricoveri per i pastori e i cacciatori del Neolitico. L’altopiano roccioso del Messak Settafet è solcato da numerosi Oueds: all’interno dell’Oued Mathendous visitiamo i maggiori iti d’arte rupestre, sicuramente tra le più preziose e meglio conservate di tutta la preistoria neolitica sahariana.

Siamo accampati e fa freddo, accanto al fuoco osservo Vera, Silvana, Marisa, Cristine, Nicola Toni e Stefano: sono ipnotizzati dai guizzi del falò.

Stiamo aspettando che nella sabbia rovente finisca di cuocere il pane che ogni sera Mister Mufta ci serve assieme al tè. L’infuso servito in minuscoli bicchieri è spaventosamente dolce, sciropposo, a volte sa di menta a volte di garofano.

Le stelle scintillano nitide, nella notte senza nubi e priva d’umidità la volta stellata è magnifica. In questo splendido scenario festeggiamo il ritorno in Italia di Vera e Nicola, affidiamo loro le lettere contenenti gli auguri di Natale per parenti e amici.

Siamo a Germa, antica capitale del popolo dei Garamanti, penetriamo nell’Erg d’Awbari, splendido mare di sabbia all’interno del quale, come miraggi, ci appaiono incassati tra le dune gli incredibili laghi blu di Mandara, Um el Ma e di Gabron, costeggiati da palme che si riflettono nell’acqua immota.




Chi è stato nel Sahara ci ritorna, chi non c’è stato sicuramente, sogna almeno una volta di visitarlo attirato da sconfinate distese di dune, morbide onde di sabbia, le luci radenti del tramonto che allungano le ombre e ci incantano.

A Timsa facciamo il pieno di gasolio e ne portiamo 280 LT di scorta, acquistiamo verdure fresche e affrontiamo la pista di 270 km per il vulcano di Wau an Namus.

A causa di un fastidiosissimo vento cerchiamo riparo in fondo al cratere.




Siamo rimasti in tre equipaggi: un Iveco 4x4, un Toyota Pick Up e la nostra Land Rover 130.Tutti i mezzi sono corredati di cellula abitativa in vetroresina ;due della "Modulidea" e una della "Campertre ". Tutte e tre si sono dimostrate leggere e robustissime, Interessante è il sistema modulare della Campertre, che consente in fase di progetto di modificare la lunghezza, altezza, larghezza della cellula abitativa, a secondo delle singole esigenze.




Dedichiamo qualche ora alla manutenzione ai nostri fuoristrada, tracciamo una rotta sulla cartina e trasferiamo i punti satellitari nei nostri G. P. S (Global Positioning System). Da qui in navigazione satellitare ( 785 km di fuori pista ) giungiamo al Koufra dopo quattro giorni. La pista costeggia il margine occidentale del grande Erg, ,dove le dune si trasformano al tramonto in un continuo movimento di forme plasmate dai giochi di luce e ombre del sole cadente.

La sabbia portata dal vento si accumula e si somma ad altra: così le dune s’ingigantiscono le une dietro le altre per chilometri e chilometri formando "Rebiana sand sea". Siamo ai margini dell’oasi di al Koufra. S’ode il cigolio del secchio che sale dalle sorgenti profonde, ecco nascere la vita .Si ode il fruscio delle palme accarezzate dal vento, il canto delle donne che lavano alla fonte.

Siamo in fila per fare gasolio nell’unico distributore funzionante. Per nostra fortuna i camionisti libici ci fanno passare avanti , superiamo la chilometrica fila e riempiamo al massimo la nostra Land consapevoli che dovranno essere sufficienti per 780 km di fuori pista che ci porterà in Ciad.

La frontiera tra Libia e Ciad è aperta solo per i locali. Tracciamo una rotta sulle nostre cartine tenendoci il più lontano possibile dal Tibesti Ciadiano, trasferiamo i punti satellitari nel nostro G.P.S. e incominciamo l’attraversata, aggirando il posto di frontiera per ritornare in pista solo nelle vicinanze di Ounianga Kebir .

I libici al termine del conflitto con il Ciad, vedendosi sconfitti, si ritirarono abbandonando nel deserto ogni genere di materiale bellico: carri armati, postazioni missilistiche, mortai, obici, proiettili e mine inesplose .Questo materiale a distanza di anni affiora dalla sabbia rendendo pericoloso il nostro lento avanzare

Facciamo dogana a Ounianga Kebir.
Da qui in poi fino alla capitale N’Djamena, che dista otto giorni di fuori strada, non troveremo più né strade, né corrente elettrica, nè acqua . Ci appioppano una costosissima guida: Monsieur Laycir che sarà con noi per cinque giorni. E’ un Tubu (che in lingua Kamuri significa abitante del Tibesti ) I Tubu sono nomadi neri che abitano in una sconfinata porzione di Sahara: da Kufra in Libia , al lago Ciad fino alla città morta di Djado in Niger , sono duri e orgogliosi, hanno saputo conservare nel tempo loro indipendenza di usi e costumi, hanno saputo farsi rispettare e temere dai loro vicini. Le loro regole sono dettate dal deserto e la loro cultura è quella di un mondo senza confini; pare discendano dagli Etiopi.

I Tubu si considerano un’etnia superiore e per questo si dedicano all’unica attività nobile, l’allevamento del bestiame , mentre ogni altra cupazione è vista con disprezzo ed è delegata a caste inferiori. Sapientemente guidati da Monsieur Laycir evitiamo i campi minati ed entriamo nel parco dell’Ennedi. Il paesaggio varia continuamente: s’inseguono altipiani, depressioni sabbiose, verdi oasi con irreali palmeti, 0ued profondi che solcano gli sconfinati spazi sahariani. Seguono poi migliaia di km. di oceano pietrificato nel quale si susseguono forme bizzarre, magnifici monoliti e imponenti torri di pietra affondate nella sabbia, picchi dalle forme geometriche impossibili , dune e barcane a volte mai calpestate da piede umano. I nostri fuoristrada percorrono fiumi invisibili, da sempre nell’attesa della prossima improbabile pioggia .Siamo circondati da guglie, torrioni e archi naturali .




Nelle ore più calde ci ripariamo all’ombra dei grandi massicci di arenaria, negli anfratti più segreti mirabili pitture rupestri fanno bella mostra di sé.




Seguiamo la via dei pozzi, uomini e donne tentano invano di tenere in fila il bestiame assetato. Il cigolio della puleggia di legno issata su una robusta corda che è tirata da un cammello governato da un bambino. Quando la sacca, fatta di camere d’aria, giunge a fine corsa, è versata in un abbeveratoio, attorno al quale si affollano gli animali.

Le donne trasportano sulla testa l’acqua fino ai vicini villaggi, dove la faranno decantare. Ora la tipologia del terreno è cambiata: avanziamo su distese d’argilla secca profondamente screpolata in poligoni regolari . Le fessure mettono a dura prova le molle delle nostre sospensioni e delle nostre spine dorsali troppo deboli .

L’aria è densa, il caldo che sale dal terreno e il vento sembrano fare ondeggiare la carovana che avanza come fosse un miraggio .

Sui fianchi dei dromedari un ’ assortimento di zucche e ghirbe per l’acqua, pentolame, pelli di animali , pali per le stuoie per montare le capanne , masserizie ballonzolanti, baldacchini colorati stracolmi di bambini piccolissimi dalla testa " rapata alla moicana" ci guardano dall’alto dei dromedari, per nulla intimoriti, c’inviano parole incomprensibili frammiste a grida gutturali. Completano la carovana capre e asini stracarichi, gli adulti a piedi ci vengono incontro e gesticoliamo con loro, ci congediamo con una stretta di mano, si allontanano in fila indiana e, girandosi, di tanto in tanto ci regalano un sorriso.

Siamo alla guelta d’ Achei , sorgenti d’acqua che sgorgano dal nulla e nei luoghi più impensati . Queste depressioni ricevono inoltre le acque piovane delle zone alte: sul fondo coperto di limo si formano queste pozze perenni, focolai di vita vegetale e animale. Sulle rive fangose si notano numerose tracce a forma di stella: sono le impronte dei coccodrilli. Questi sauri del Ciad sono di piccole dimensioni e difficilmente raggiungono i 2 metri. Sono timorosi e né il bestiame, e nè gli uomini non hanno nulla da temere. In questa stagione lo stagno è grande un centinaio di metri. A un tratto sbucano un centinaio di cammelli, capre e montoni: sono eccitati, assetati, soffiano, starnutano, nitriscono.

Siamo impegnati in tortuoso slalom tra questi picchi di roccia dalle forme sorprendenti che cambiano continuamente colore nel volgere della giornata.





Spaventiamo una famiglia di babbuini e da un’altura vediamo il lago Yoa, il più grande e forse il più bello dei bacini che ornano i dintorni di Ounianga Kebir. I laghi sono circondati da palmeti, falesie di arenaria multicolore interrotte da dune gialle arancione .








Lasciamo l’Ennedi e puntiamo verso sud , il paesaggio diventa monotono, acacie su praterie gialle a perdita d’occhio e dalle nostre cartine costatiamo che non muterà per ben 500 chilometri. Mulinelli di polvere si liberano verso il cielo e ci viene incontro girando su se stessa per poi svanire nel nulla. Fec fec, un gran polverone penetra nella cabina , nel naso, negli occhi, per incollarsi infine sulla pelle sudata.


Stiamo attraversando un paese senza nome, lo sterrato è uno stretto budello, i banchi del mercato lungo i muri rendono difficoltoso il passaggio dei nostri fuoristrada Le capanne sono in stile sudanese, le decorazioni murali, sia interne sia esterne, sono arabeschi color porpora e sono tracciate direttamente con un dito. Le donne mostrano le loro bellezze senza pudore e imbarazzo. Al mercato troviamo solo spezie, patate e cipolle. Il caos è indescrivibile ; tutti gridano e si spostano con un apparente non senso. Le magliette bucate, i pantaloni sbrecciati e i berretti consumati sembrano far parte di un’unica possibile uniforme.

Rimpinguiamo le scorte d’acqua, la filtriamo e la medichiamo con il Micropur . I rifornimenti per il gasolio sono lenti e macchinosi dovendoli effettuare con "sbrodolosi" travasi da fusti da 200 litri mezzi vuoti pagati per pieni al mercato nero. In un letto di un fiume secco ci cimentiamo in una gara con un branco di gazzelle Tomson (perdendo ovviamente). La savana punteggiata da euforbie e alberi di acacia, gradatamente lascia il posto al verde cupo della foresta.

Milioni d’insetti brulicano nell’aria , ogni tipo di suono ci avvolge via via che l’oscurità incombe e si compatta sempre più. E’ notte e i rumori della foresta giungono con insistenza dentro la nostra cellula.

Il bestiame viene racchiuso in recinti improvvisati fatti di cespugli spinosi e noi ci accampiamo per la notte nelle vicinanze.

A N’Djamena, dopo 2550 chilometri di pista e fuori pista, i nostri pneumatici mordono l’asfalto della capitale del Ciad. Siamo sballottati da una banca all’altra, tentiamo negli alberghi e solo dopo il quarto tentativo riusciamo a cambiare. Dobbiamo discutere su ogni cosa: dal prezzo del cambio al taglio delle banconote. Subiamo l’ennesimo controllo di polizia, scambio di battute coi militari su temi calcistici e ci lasciano passare. Sostiamo per una settimana al parcheggio del Novotel.

Lasciamo le nostre jeep al sicuro. Visitiamo la capitale con i mezzi pubblici. Individuato il nostro autobus, ci tuffiamo nella calca davanti alle porte, combattiamo aspramente per conquistare l’accesso e riceviamo una buona dose di spinte , urla e gomitate. Cento e più occhi ci osservano divertiti, l’atmosfera nel buss è gradevole ,musica africana a tutto volume riempie l’abitacolo. La carrozzeria è costellata di botte e graffi, i fari anteriori sono completamente ciechi, le frecce sono inesistenti, la tappezzeria, di finta pelle nera è unta e appiccicosa e i finestrini sono bloccati su quattro posizioni differenti.
Il cruscotto è spento, le ruote, perduta la loro perfezione geometrica, ci fanno sobbalzare e vibrare tutta la carrozzeria. Facciamo un giro nelle ambasciate , otteniamo il visto per il Camerun e il Niger e prenotiamo quello per l’Algeria che troveremo pronto al ritorno dal Camerun.




Le nostre femminucce fanno a gara per il bucato più bianco, noi maschietti giochiamo a fare i meccanici e alla sera piscina e doccia per tutti.




Siamo al mercato, una fiumana di gente ci sospinge, siamo sballottati come fuscelli. Un oceano di mercanzie strane, profumi penetranti, odori pungenti, musicassette a tutto volume, suoni di clacson e campanelli si alternano alle grida e alle esclamazioni dei venditori.





Usciamo dalla capitale, vista la ressa davanti alla dogana del Camerun , ci appartiamo aspettando momenti migliori. Pranziamo a base di: ananas, papaia, mango e noci di cocco che ci hanno aperto a colpi di machete. La strada asfaltata finisce già in periferia: buche , pozzanghere , piste rosse e foreste tropicali ci faranno compagnia per tutto il Camerun. Il terreno è color porpora, argilloso e traditore. I profondi solchi sono la testimonianza degli aspri combattimenti sostenuti da camionisti impantanati. La foresta tropicale ci sovrasta e si chiude sopra di noi , abbassando piacevolmente la temperatura ma l’umidità è altissima. Sfiliamo a fianco di termitai a forma di fungo, qua e là mandrie di zebù con maestose corna a forma di lira, la pista sale su un altipiano e è ripida e impervia, capanne e granai sono affastellati gli uni sugli altri. Terrazze di argilla si alternano a tetti in paglia, è il momento magico del tramonto. Una leggera brezza rinfresca l’aria.

Ora la palla di sole ha perso la sua violenza e svanisce nel nulla, donandoci un cielo infuocato che lentamente si spegne. E’ notte e migliaia di stelle riempiono ogni angolo del cielo.

I " Koma", gruppo autoctono, sono relegati nelle zone più impervie nel nord del Camerun. Questa etnia vede minacciata la propria identità e le proprie tradizioni dalla cultura islamica. I loro villaggi sono raggiungibili solo a piedi. I trekking per i monti Atlantica li organizza il"Lamido"(capo villaggio), persona capace e responsabile che gode di una certa autorità presso i portatori, è ben accetto dai Koma e parla la loro lingua. I Koma occupano una fascia di montagne lungo il confine della Nigeria. Grazie al loro isolamento e alla difficoltà d’accesso hanno saputo mantenere intatte le loro tradizioni. Essi vivono completamente nudi, usano del fogliame legato attorno alla vita per coprire le parti più intime . Questa nudità non è vista di buon occhio dal governo centrale ed è considerata indecente dalla morale religione musulmana.

In fila indiana con portatori e guida entriamo nella foresta, superiamo villaggi ben mimetizzati dalla vegetazione .Le donne e i bambini ci sorridono compiaciuti, notiamo che a tutte mancano due denti davanti. Solo in seguito sapremo che, raggiunta la pubertà, ai maschietti è praticata la circoncisione mentre alle femminucce vengono tolti due denti superiori, gli incisivi. La vita nel villaggio sembra scorrere come 1000 anni fa e si ha l’impressione di entrare in un mondo fuori dal tempo. Doniamo al capo villaggio sale, zucchero, tè, tabacco e fiammiferi.

Lasciamo questo lembo d’Africa d’altri tempi, ritorniamo nella foresta :l’umidità è altissima, ci giriamo e vediamo da lontano le loro mani alzate in segno di saluto.


go back



Notizie

CAMERUN 7/3/2006
LETTERA DI PROTESTA PER INSULTI RAZZISTI CONTRO CALCIATORE IN SPAGNA...
AFRICA
PECHINO SOSTIENE SEGGIO PERMANENTE ONU PER AFRICA...
CAMERUN 9/3/2006
SIDA/AIDS: A BUON PUNTO RICERCA PER VACCINO CONTRO CONTAGIO MADRE-NEONATO...
Notizie Africa 27/2/2006
In breve da Uganda, Burundi,Zimbabwe Etiopia...
CAMERUN 25/2/2006
CORRUZIONE: RIMOSSO MINISTRO, PROSEGUE SFIDA PER LEGALITÀ...
Notizie 25/2/2006
Notize in breve...

Informazioni

Artigianato Camerun
Artigianato locale del Camerun...
Vaccinazioni
Vaccinazioni obbligatorie per il Camerun...
Indicazioni per operatori economici
Informazioni Economiche...
Ambasciate
Indirizzi Ambasciate...


Cervino


Fai la tua pubblicità on line su questo sito. Accedi ad Edizioni Virtuali per scoprire come.
Pubblicit? Edizioni Virtuali

 

iscriviti alla mailing list

la tua email

subscribe unsubscribe